venerdì 30 novembre 2012

“Michelangelo – Il cuore e la pietra” di Giacomo Gatti

Una docufiction in onda su Sky Arte HD nei canali 130 e 400
Recensione di Osvaldo Contenti

È estremamente difficile trovare un film o, come in questo caso, una docufiction che tratti della figura di Michelangelo Buonarroti senza indulgere nella retorica o nella pomposa agiografia, col triste risultato di rappresentarlo come un mito vivente, relegando sullo sfondo di questo suo distorto ritratto la vitalità del ricercatore, il tormentato rapporto col papato e l’eccezionale capacità di innovarsi, opera dopo opera. Quindi, è con molto piacere che abbiamo assistito in tv, su Sky Arte HD, canale 400, al docu-drama “Michelangelo – Il cuore e la pietra”, per la regia di Giacomo Gatti, che rappresenta l’eccezione alla regola di quanto esposto prima. Perché in esso il maestro del Rinascimento italiano, assieme al suo genio, non fa mistero, ad esempio, di svelare tutte le sue frustrazioni legate al fatto di essere stato chiamato ad operare in affresco, tecnica che non conosce perfettamente, invece che come scultore, tecnica che predilige…

Per leggere il resto della recensione cliccate su pitturaedintorni.it alla pagina:
http://www.pitturaedintorni.it/artmovie28.htm


martedì 27 novembre 2012

Pittopoesie: “Il giardino dell’arte” con tre omaggi poetici

"Ali sensuali/ ingabbiano l'odore/ comprimono visione/ Sudore/ Piacere/ Desiderare/ Volere/ Stato virgineo/ vomita aderenze/ violenta voracità/ sommerge l'impossibile/------/ respira ritmicamente/-------/" Valeria Catania

Grazie a degli straordinari poeti, e alla fortuna di averli incontrati su facebook, alcune delle mie opere si sono tramutate in pittopoesie, vale a dire in lavori pittorici che accorpano degli omaggi poetici formando un tutt’uno in una coerente soluzione grafica, tanto che ora mi è difficile pensare a quelle stesse opere senza l’ausilio dell’apporto poetico. Un apporto che si dimostra sempre sostanziale, in quanto le poesie interagiscono con l’opera facendone risaltare gli aspetti evidenti, oppure cogliendone i significati più reconditi, che l’autore ha immesso spontaneamente, ma che acquistano risalto solo grazie alla minuziosa “indagine poetica” che affianca l’opera stessa. Proprio come che si è verificato con “Il giardino dell’arte” e le bellissime poesie firmate da Valeria Catania, Gian Contardo Colombari e da Girasole. Buona pittolettura! Osvaldo Contenti

La tua anima è protesa verso l'Assoluto, vi si immerge, si lascia inondare dalla visione dell'Eternità. I tuoi sensi cadono in letargo: non vedono, non sentono, non assaporano il mondo che ti circonda; si fermano per dare la precedenza alla Percezione, all'Idea. Fra un po' un sussulto del corpo o un rumore improvviso ti riporteranno all'Immanenza e tu rivedrai gli intensi colori del Mondo e sentirai i tonificanti profumi della Vita. Gian Contardo Colombari

Hai occhi rapiti dal nulla nessun tremore li ravviva né le labbra si protendono verso un sorriso. Indecifrabili pensieri arricciano i capelli sparpagliati sul domani. Piccole ali ti sfiorano il sonno e ornando il tuo seno raccontano di te. Girasole

domenica 11 novembre 2012

“Ritratto femminile giallo e verde” di Osvaldo Contenti

Colori acquosi e slavati per rendere l’idea di un’opera che potrebbe sciogliersi in qualcosa di ancora più evanescente, mano a mano che la si osserva. Come se uno sguardo intenso avesse il potere di dissolverla e ricomporla a piacere con un semplice batter di ciglia. Sarà l’osservatore, insomma, a stabilire se e come il ritratto dovrà apparire o svanire davanti ai suoi occhi.

======== La poetessa Valeria Catania, che ringrazio di cuore, ha omaggiato quest'opera nell'area commenti con i seguenti, splendidi versi:
Liquefacendo-----------------/
Oltrepassando la soglia l'esistenza s'inabissa nella verità/
Sostandovi tutto diviene conoscenza e---------------------l'essere scopre il proprio non sapere/---/

mercoledì 7 novembre 2012

In Blu Ray: “La Passione di Cristo” di Mel Gibson

La Passione di Cristo” di Mel Gibson
L’autoflagellazione di Mel Gibson
recensione di Osvaldo Contenti

Prologo futuribile…

Quando tra vent’anni su un display da polso uno spot del webcultura mi inviterà a partecipare al convegno interattivo su “La rivoluzione formale del Cristo di Mel Gibson”, mi verrà da sorridere ripensando allo strepito causato dall’uscita nelle sale italiane de La Passione di Cristo, in quel lontano 7 Aprile del 2004. Enrico Ghezzi, nel videodibattito, con sempre meno capelli ma sempre più stralunato, esordirà parlando di: «...sternocleidomastoideo vermiglio e violato del Messia». Allora, pensando che Enrico non cambierà mai, probabilmente spegnerò il minivideo cercando invece di ricordare ciò che The Passion all’epoca aveva effettivamente innovato. E tornando a quelle memorie, rammenterò che il film di Gibson aveva scardinato un tabù, disvelando una colossale rimozione psicologica che per duemila anni non aveva voluto vedere un Cristo insanguinato e crocifisso tra indicibili sofferenze per l’inaudita ferocia dei suoi aguzzini Romani. Perché tutto questo? Probabilmente per lenire un altrettanto colossale senso di colpa che ha sempre attanagliato l’animo dei devoti, artisti e non, i quali, nettando le ferite sul corpo di Gesù, rendendolo splendente, cercarono di elevarlo a simbolo della purezza interiore curandone l’estetica. Una visione romantica, un make-up psicologico, che Gibson ha irrorato di sangue non per gusto orrorifico, ma perché il suo più che un film è un Atto di Dolore, una preghiera per immagini, una rappresentazione di natura devozionale che ripercorre modernissimamente il motivo iconografico del Compianto sul Cristo morto. Nel 2024 ripenserò a tutto questo dandolo per scontato. Magari non ricorderò esattamente se Bin Laden fosse stato trovato esanime tra i suoi stessi escrementi prima o dopo l’uscita del film. Ma ricorderò con certezza che la sua fine e quella del terrorismo di Al Qaeda, in breve tempo, portarono alla costituzione di uno vero e proprio Stato palestinese, che accanto a quello israeliano vedeva finalmente i bambini scambiarsi la kufiya e la kippà in un vicendevole dono di giocatolli. Cosa che nel 2004 era impensabile, perciò il film di Gibson venne tacciato di istigare sentimenti antisemiti, ma solo perché il periodo storico di allora viveva ancora di conflitti armati e ideologici e non era preparato a vagliare serenamente il contenuto dei Vangeli.

… Ma, accidenti alla mia fantasia, eccomi ripiombato nel 2004. Ho promesso ad Hideout un recensione sullo “specifico filmico” de La Passione di Cristo e invece mi ritrovo a fantasticare sul futuro! Forse sarà meglio non scriverle quelle cose lì. O forse sì… perché in fondo quelle cose le penso davvero e Fabio Falzone, che vedo scrutarmi dalla colonna superiore, in questo modo capirà al volo da dove parte il mio punto di vista, liberissimo di pensarla all’opposto. Comunque, sarà meglio ricominciare da capo. Dallo specifico filmico, intendo dire. Ridò un’occhiata agli appunti ed eccomi pronto…

La critica vera e propria

Mel Gibson pennella le ultime dodici ore della vita di Cristo partendo dalle brume serali dell’orto del Getsemani. Gli Apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni, appena visibili nella nebbia, inconsapevoli di ciò che accadrà, dormono placidamente. Ma una musica grave ci avverte che qualcosa di ieratico sta avvenendo. Infatti, Gesù, percorrendo lentamente, come soverchiato da un peso, il Monte degli Ulivi, ora è conscio che l’amaro calice della Passione sarà fonte dal suo destino terreno. Tutto ciò in una sequenza piuttosto fedele rispetto ai Vangeli, ma già impostata sul tema cardine che interessa a Gibson: la Passione di Cristo come scelta consapevole del figlio di Dio fatto uomo, che col suo sacrificio redimerà i peccati del mondo con la sua morte e resurrezione. E non a caso il regista, in un primo tempo, avrebbe voluto intitolare il suo film semplicemente Passion, senza altra aggiunta. Consigliato diversamente, ha però mantenuto saldo il principio originario della pellicola che focalizza sulla Passione (flagellazione, calvario e crocifissione), e non sulla trasposizione lineare dei Vangeli sinottici, il tema costituente del film. Scelta criticabile, forse, che abbandona l’immensa lezione d’amore di Gesù. Ma comunque una scelta. Che va valutata e rispettata in quanto tale, e non per quello che ognuno di noi avrebbe voluto vedere nel film. Del resto, altrimenti, Gibson avrebbe dovuto confrontarsi con dei titani: Pier Paolo Pasolini e il tema della morte ne Il Vangelo secondo Matteo, Roberto Rossellini e il rigore storico de Il Messia e Martin Scorsese con le lucide provocazioni de L’ultima tentazione di Cristo, che sarebbe stato impossibile pensare di eguagliare sul terreno della narrazione relativa ai resoconti evangelici. Anche perché su quel versante tutto era stato già detto. Così, Gibson, intelligentemente, ha scelto di inquadrare solo una parte della vita di Cristo. Quella probabilmente a lui più congeniale in quanto rispecchia la sua personale devozione verso la figura di Gesù, e al contempo quella rivolta all’unica “parte molle” dei capolavori sopracitati che, invariabilmente, non sono intervenuti sulla “ritrattistica” del Cristo, se non affidandosi ad un’iconografia stereotipata. Ed è lì che Gibson ha espresso il suo vero colpo di genio, quadrando il cerchio delle sue duplici aspettative. Perché l’acuto realismo delle sofferenze patite da Gesù si evidenzia in un sangue effettivo ma anche simbolico, emblematico quindi del concorso di colpa che l’autore vorrebbe farci espiare in quanto compartecipi, come umanità, della messa a morte del Messia. Un’umanità che uccide il proprio Dio, sembra dirci Gibson, non ha altra strada che la devota preghiera del perdono per redimersi. Meglio se seguendo passo passo, e quindi condividendo, il cammino di Cristo verso la croce. Una visione penitenziale e autoflagellante che può non essere condivisa ma che comunque va rispettata. In specie quando la stessa trova sublimazione nel neorealismo a tema sacrale che come una rivoluzione scardina per sempre gli istituti formali precedenti, in un film che, in tal senso, non esito a definire epocale e magistrale.

Nota: Solo vedendo il film una seconda volta mi sono accorto che in una scena del Calvario, quando Maria (Maia Morgenstern) sorregge Gesù (Jim Caviezel) caduto sotto il peso della croce, la postura dei due assume, come in un fermo immagine istantaneo, la stessa che possiamo notare ne La Pietà di Michelangelo. Un pennellata d’autore tanto più stimabile perché non enfatizzata. Bravo Gibson!

martedì 6 novembre 2012

Sky Arte HD sui canali 130 e 400

Il primo canale televisivo dedicato all’Arte

Pittura, scultura, architettura, musica, letteratura, teatro, design e tutte le forme di espressione artistica troveranno spazio in un unico palinsesto dedicato sia agli appassionati, che avranno l’opportunità di approfondire i loro interessi, sia ai semplici curiosi che potranno avvicinarsi all’arte in un modo completamente nuovo attraverso le grandi produzioni internazionali (Sky Arts, BBC, Channel 4, Arte, PBS, Sundance Channel) e quelle originali del canale. E’ Sky Arte Hd, il primo canale televisivo dedicato all’Arte in tutte le sue declinazioni che dal 1° novembre sarà visibile a tutti gli abbonati Sky (che dispongono dell’Hd nel proprio abbonamento) sui canali 130 e 400 della piattaforma.

Segui la programmazione di Sky Arte HD all’indirizzo: http://guidatv.sky.it/guidatv/canale/sky-arte-hd.shtml