domenica 22 maggio 2011

Quella volta che incontrai Gianni Agnelli


Era il 1978 e sulla facciata del Palazzo delle Esposizioni di Roma, in Via Nazionale, un enorme pannello posto sopra l’atrio del palazzo invitava ad accedere alla mostra interdisciplinare sul “Teatro della Repubblica di Weimar”, una Repubblica che diede vita alla cosiddetta ”età di Pericle” della Germania prenazista. Un breve periodo di tempo, tra il 1919 e il 1933, ma in cui gli artisti e gli intellettuali tedeschi produssero un’ingente massa di ricerche, di opere e di innovazioni culturali in tutti i settori delle arti visive, compreso il cinema, che si espandevano anche nei campi della musica, della drammaturgia e della filosofia. Al Liceo Artistico, grazie a degli straordinari professori, avevo amato e studiato benissimo quel periodo, ma era la prima volta che avevo l’opportunità di vedere dal vivo i prodotti di quella luminosa stagione di avanguardie artistico-culturali.

Deciso a visitare l’esposizione, controllai nel portafoglio se avevo abbastanza lire per pagare il biglietto d’ingresso. E nel farlo, sulla mia sinistra scorsi un tale piuttosto alto, vestito con un eskimo, dei jeans e delle Clarks ai piedi, che saliva la scalinata del Palazzo delle Esposizioni col mio stesso passo. Un attimo dopo lo riconobbi: era Gianni Agnelli e la cosa buffa era che quel giorno anch’io indossavo un eskimo, dei jeans e calzavo delle Clarks! Per qualche secondo ci incrociammo gli sguardi e ad entrambi scappò un risolino nel constatare che vestivamo allo stesso modo, ed io pensai: “Quest’uomo è un genio!”, perché il suo abbigliamento era davvero ben studiato per cercare di passare inosservato a chi non gli avesse scrutato il viso.

Alle spalle di Agnelli, a pochi passi da lui, una guardia del corpo piuttosto spaesata si guardava attorno con l’aria di chi sta facendo una gita turistica. Il che, rivisto con gli occhi di oggi, fa molta tenerezza e la dice lunga sullo stile disinvolto di Agnelli, lontano anni luce dalla spocchia cialtronesca di un altro imprenditore dei nostri tempi. Ma non è tutto, perché durante il lungo percorso dell’esposizione, per circa mezz’ora, inanellai con l’allora più importante industriale italiano una fitta conversazione sui temi delle opere esposte nella mostra in questione, constatando che il capo della Fiat aveva un’assoluta padronanza dei temi affrontati nel percorso espositivo e nessuna remora nel disquisirne con un giovane come me.

Così, quel casuale incontro con Gianni Agnelli diventò determinante per la mia futura formazione culturale. Perché da allora mi ripromisi di pensare con la mia testa, di non badare più a ciò che mi veniva riferito sommariamente per slogan, ma di andare sempre a fondo, valutando le persone e non il simbolo appiccicato su di esse. Naturalmente, si può facilmente obiettare che non sempre è possibile conoscere di persona chi si intende valutare, ma nell’idea che mi sono fatto dopo quell’incontro l’importante è acquisire un metodo, che consiste nell’approfondire ogni aspetto di chi o cosa si intenda giudicare, senza abbandonarsi a facili e spesso sciocche soluzioni standardizzate e precotte.