La fatica ti reclina la testa. La posa del sonno ti sgualcisce la bocca. Attorno c’è un’aria tiepida, forse un annuncio di primavera. Il Valentino ci attende, per i miei giochi sull’erba del parco e i tuoi cruciverba. Ma non voglio svegliarti, perché Torino, non so perché, è molto più bella quando ti addormenti. Quindi resto seduto a guardarti, con il pallone da calcio sottobraccio e un mucchio di figurine dei calciatori ficcate nelle tasche dei miei calzoncini corti. La faccia di Sivori spunta fuori dalle altre, e io rivedo i suoi gol e quei suoi calzettoni abbassati che mi fanno tanto ridere. Poi ti svegli e mi accarezzi i capelli. Ti sorrido. “Quant’è bello il mio ometto”, mi dici. Arrossisco, come sempre. Abbasso la testa e stringo la punta della tua mano nella mia, perché è ora di uscire.
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